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"FASHION TO RECONNECT" secondo Esterina Nervino: dialogo, creatività e sostenibilità tra Italia e Hong Kong
Il progetto "FASHION TO RECONNECT" entra nel vivo a Hong Kong con installazioni, performance e attività che uniscono moda, arte e sostenibilità. Dopo il primo articolo introduttivo, approfondiamo il valore culturale del progetto attraverso la voce di Esterina Nervino, Assistant Professor alla City University of Hong Kong e coordinatrice dell’iniziativa. Una conversazione che racconta il ponte costruito tra Italia e Cina e l'impatto del Terzo Paradiso nella metropoli asiatica.
Nei giorni in cui FASHION TO RECONNECT si diffonde per Hong Kong, tra mostre, installazioni digitali, performance e momenti partecipativi, proseguiamo il racconto iniziato con il primo articolo dedicato al progetto.
Questa seconda parte restituisce la visione di Esterina Nervino, Assistant Professor alla City University of Hong Kong e coordinatrice del progetto, impegnata da anni nella ricerca sulla moda, il lusso e la comunicazione della sostenibilità.
Ai nostri microfoni, Nervino racconta il dialogo culturale alla base del progetto, il ruolo dei designer italiani e locali, e la forza simbolica del simbolo trinamico nella città cinese.
Fashion to Reconnect nasce come ponte tra Italia e Hong Kong. Quale significato assume questo dialogo culturale oggi?
È un progetto che avvicina due realtà geograficamente lontane ma unite da temi comuni come moda e sostenibilità. Mi è stato presentato dal Consolato d’Italia come un’occasione per mettere in dialogo aziende e istituzioni italiane con il contesto locale, all’interno del 'Fashion Fest di Hong Kong'.
Per me ha anche un valore personale: vivo qui da quasi 14 anni e lavoro su questi temi a livello accademico. Hong Kong è un luogo dove Oriente e Occidente si incontrano, un hub perfetto per aprire conversazioni sulla sostenibilità e sulle tecnologie emergenti. Connettere la mia casa d’origine con quella attuale è un elemento che trovo molto significativo.
Come si esprimono innovazione, visione e responsabilità sociale nel percorso espositivo e nella collaborazione con i brand?
I partner italiani hanno selezionato brand che uniscono design, innovazione e sostenibilità. Tengo molto al tema della responsabilità sociale, spesso meno discusso rispetto a quella ambientale ma fondamentale per una visione completa di sostenibilità.
A Hong Kong abbiamo aggiunto una sezione dedicata ai designer locali, selezionati da un comitato congiunto. Con loro stiamo lavorando anche su una maggiore consapevolezza rispetto ai materiali, ai processi e alla trasparenza. È ciò che chiamo evidence-based storytelling: comunicare la sostenibilità deve basarsi su dati verificabili e non su narrazioni vuote.
Come si traduce la visione del Terzo Paradiso nel linguaggio della moda e nella mostra?
Moda, arte e società sono elementi già interconnessi nel linguaggio della moda. La creatività rappresenta l’arte, i materiali rimandano alla natura e l’uso dei capi appartiene alla società.
Il Terzo Paradiso ci offre una cornice ideale per raccontare questa interdipendenza. Il nostro obiettivo è creare consapevolezza: offrire strumenti per comprendere meglio ciò che consumiamo e come questo incide sul mondo.
A Hong Kong il Terzo Paradiso si manifesta in molte forme. Qual è il filo conduttore?
Il Terzo Paradiso porta con sé un messaggio di unità, e questo progetto lo amplifica attraverso un vero e proprio percorso diffuso nella città. Per un mese Hong Kong ospita forse la più ampia riproduzione del simbolo, in vari linguaggi e contesti: installazioni fisiche e digitali, performance, collaborazioni artistiche.
Alcuni esempi: il Terzo Paradiso all’interno della mostra, realizzato con materiali sostenibili; un grande flash mob musicale; una proiezione artistica nel nostro tunnel dell’innovazione; due installazioni digitali realizzate con Vivienne Tam, tra le prime di questa scala; un’installazione a tema sportivo sul lungomare durante i National Games; un’opera upcycled creata con scarpette da balletto per l’Hong Kong Ballet; un grande lavoro in crochet sulla facciata di un edificio storico.
Ogni intervento interpreta il simbolo con un linguaggio diverso, ma il messaggio resta lo stesso: connessione.
Qual è stato il tuo ruolo nel progetto e quale parte senti più tua?
Sono la coordinatrice del progetto, quindi seguo l’intero sviluppo: programmazione, testi, comunicazione, revisione del linguaggio legato alla sostenibilità. Lavoro a stretto contatto con Cittadellarte e con Tiziano Guardini, ed è stato interessante confrontare le prospettive italiane e hongkonghesi.
A livello personale, questo progetto unisce le mie due case, l’Italia e Hong Kong, e mette in pratica la mia ricerca accademica in un contesto reale e ad ampio impatto pubblico. Inoltre ho trovato collaboratori con cui è nata una sintonia immediata: anche questo è un regalo del progetto.
Qual è stata la risposta dei designer e dei brand coinvolti?
Molto entusiasmo, soprattutto da parte dei designer cinesi, che hanno visto nel progetto un riconoscimento della loro creatività e un’occasione di confronto internazionale.
Il dialogo con i partner italiani ha permesso loro di approfondire il tema della trasparenza e di riflettere più a fondo sulle scelte produttive. Credo che questa esperienza avrà un impatto concreto sul loro lavoro futuro.
Quale eredità potrà lasciare questa edizione a Hong Kong e a livello internazionale?
Per Hong Kong, lascia strumenti nuovi ai designer locali e una maggiore consapevolezza sugli standard europei di sostenibilità.
Per il pubblico, mostra che Hong Kong può essere un centro culturale globale. Il progetto è interamente supportato dal Governo e da sponsor privati che credono nel valore dell’arte e della sostenibilità. Si tratta di un segnale importante.
A livello internazionale, spero favorisca un dialogo più aperto con culture lontane, riconoscendo la ricchezza di questi scambi.
L’intervista alla professoressa Nervino restituisce un progetto che supera i confini disciplinari e geografici per creare una piattaforma condivisa di dialogo tra moda, arte e sostenibilità. L’edizione hongkonghese di FASHION TO RECONNECT emerge come un grande dispositivo culturale diffuso, capace di rendere il messaggio del Terzo Paradiso un’esperienza collettiva e partecipata.