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Oltre la scena muta, verso una città cooperativa: l'arte come strumento di manifestazione demopratica
In Francia è pronta a (ri)fiorire la demopraxia: un incontro tra il direttore di Cittadellarte Paolo Naldini e la direttrice della cultura della città di Parigi Aurélie Filippetti, avvenuto mercoledì scorso a Palais de Tokyo, ha aperto un nuovo confronto tra arte, istituzioni e cittadinanza attiva. "La conversazione avuta con la direttrice - così Naldini - porta a interrogarsi e soprattutto ad attivarsi per ristabilire un dialogo costruttivo che favorisca un'alleanza tra rappresentati e rappresentanti".
“Bisogna ricostituire un sentimento di politica. Io sono pro‑Pal, dicono, ma sono soprattutto pro‑Pol: perché sono pro‑Palestina, ma soprattutto pro‑Politica. I rappresentanti politici rappresentano ciò che sentono, ma se il 'demos' non sente, non esprime o non manifesta, che cosa resta loro da rappresentare? Una scena muta?". Con questa provocatoria domanda, Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte, racconta la nascita e le motivazioni che hanno portato all'incontro avvenuto mercoledì 2 luglio a Parigi con Aurélie Filippetti, ex ministra della cultura francese e oggi alla guida della Direzione Cultura della Ville de Paris. L’appuntamento si è svolto in un elegante edificio pubblico lungo la Senna, nel cuore del Marais - tra i pochi ancora adibiti a funzioni civiche in un quartiere oggi dominato da logiche immobiliari e privatistiche - ed è stato attivato grazie al lavoro di Michel Stien e della sua organizzazione Coop-Cité, impegnata a promuovere tavoli di lavoro e conversazioni civiche ispirate all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Filippetti, colpita dal progetto dell’Arte della Demopraxia sviluppato da Cittadellarte e informata a riguardo proprio da Stein, ha voluto conoscere direttamente i principi e i metodi che fondano una visione politica in cui l’arte agisce come agente di trasformazione sociale. "È stato un confronto - racconta Naldini - in cui la funzione pubblica non si è mostrata distante né autoreferenziale, ma desiderosa di ascolto e dialogo".
Rappresentanza e manifestazione: il cuore della Demopraxia
Naldini, per illustrare il confronto avuto con Stein, esordisce restituendo con forza la centralità di due concetti chiave spesso trascurati nel lessico della democrazia contemporanea: rappresentanza e manifestazione. La prima, solitamente vista come una mera delega, è per lui l’essenza della politica liberale, il riconoscimento di una responsabilità condivisa da entrambi i rappresentanti e i rappresentati. Per quanto concerne invece la manifestazione, al netto delle polarizzazioni o dei possibili schieramenti socio-politici, per Naldini risultano fondamentali tutte quelle forme espressive con cui un popolo rende visibile ciò che sente. Tra queste, per il direttore, una è particolarmente significativa: "L’arte è forse la più potente: rende visibile - specifica - ciò che ancora non vediamo o addirittura nemmeno ancora sappiamo di sentire. Che cos'altro è se non l'espressione dei sentimenti che abbiamo come collettività, come demos?". Nel cuore della riflessione di Naldini, dunque, risuona forte un invito a ridefinire il significato stesso di "manifestazione": non più solo l'atto conflittuale e talvolta disordinato delle piazze, ma una forma estesa e continua di espressione del sentire collettivo. È in questa funzione quasi oracolare - o angelica, come suggerisce il suo paragone con l’iconografia cristiana - che l’artista assume un ruolo di portavoce del demos, capace di anticipare e catalizzare i sentimenti collettivi. Gli stessi Quadri specchianti di Michelangelo Pistoletto, che non riflettono soltanto l’atto individuale dell’artista, ma accolgono chiunque si ponga davanti a essi. L’arte diventa così lo spazio in cui il cittadino prende forma, presenza, voce. “Lo specchio di Pistoletto non riflette solo: accoglie. È uno spazio vuoto in cui chiunque può manifestarsi.”
Dalla teoria alla pratica: progettare una “opera demopratica” a Parigi
L’incontro con Filippetti non è stato solo un’occasione di confronto teorico, ma l’avvio di una possibile collaborazione concreta. L'idea è di co-progettare una nuova esperienza demopratica a Parigi in vista del 2026: forse il prossimo anno l’Opera Demopratica Parigi affiancherà quelle programmate per Seoul, Roma, Gorizia, L’Aquila, Londra, Edinburgo e L’Avana, oltre a Biella Città Arcipelago. Sarà così possibile far emergere e rendere visibili le pratiche civiche e culturali che già abitano la città, restituendo loro centralità e dignità attraverso un’opera condivisa. Un modello che ha avuto alcuni prodromi anche proprio in Francia nel 2011 con la Biennale di Arte Urbana di Bordeaux, diretta da Michelangelo Pistoletto e Cittadellarte su invito dell’allora sindaco Alain Juppé. Due anni di lavoro con centinaia di organizzazioni locali, curato sul posto da figure come Judith Wielander, che oggi guida il progetto Visible, un archivio dedicato proprio a rendere manifeste le pratiche di trasformazione sociale attivate dall’arte.
Una nuova committenza civica
Il cuore del discorso torna infine su un nodo cruciale: la committenza. Chi “chiede” oggi agli artisti di intervenire? Chi affida loro il compito di manifestare, di rendere visibile, il sentimento e il pensiero di chi? "Le comunità umane - afferma Naldini - hanno sempre commissionato agli artisti, come nell’Atene del V secolo, il compito di rappresentare i valori, le angosce e i desideri collettivi". L’arte per gran parte della nostra storia, non è stata una superflua espressione di solipsismo (anzi, non lo è stata mai), quanto piuttosto una essenziale funzione civica, nei casi migliori democratica: "Oggi, con il lavoro di Cittadellarte, vogliamo poter dire - aggiunge il direttore - nei casi migliori, demopratica. Perché non c’è persona che non sia capace di riflettere con intelligenza sull’intelligenza artificiale o sulla crisi climatica, purché sia liberato dall’urgenza della sopravvivenza quotidiana. L’arte, secondo me, è come la filosofia socratica nella società contemporanea: può anzi deve essere la levatrice di questa consapevolezza del potenziale dell’intelligenza individuale e collettiva, purché la società crei lo spazio perché fiorisca; in questa cornice, l’alleanza tra rappresentati e rappresentanti può quindi trovare nuove basi".
Lo Statodellarte: un patto tra rappresentati e rappresentanti
Naldini conclude tracciando un orizzonte già concreto: la costruzione di uno Statodellarte (tutti i dettagli in un nostro precedente articolo dedicato alla sua presentazione alla rassegna Arte al Centro). Uno strumento per fondare una cittadinanza attiva che non si limita a delegare, ma a co-progettare. E se la demopraxia può essere la grammatica di questa nuova civiltà, l’arte ne è la lingua: manifesta, decodifica, trasmette. Da Biella a Parigi, passando per Bordeaux, prende forma così una nuova geopolitica culturale fondata sulla cooperazione, sull’ascolto, e sulla creatività condivisa. "Non parliamo più solo di amministrazione condivisa: stiamo delineando una vera e propria demopratica, una prassi del demos che si esprime, si manifesta, si auto-organizza”.