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“Custodire le vigne per custodire il paesaggio”: il vino naturale di Lorenzo Rovero
Continua su Eco di Biella la rubrica "Locale, naturale, stagionale by Let Eat Bi", che mette in luce per tutto l'anno le produttrici e i produttori del mercatino, proponendo anche ricette e approfondimenti su temi ambientali e legati al mondo del cibo e dell'agricoltura. Riscopriamo l'ultima eccellenza posta sotto i riflettori: i vini di Lorenzo Rovero.
A Sostegno, un piccolo comune affacciato sulle colline del Biellese orientale, le vigne resistono tra boschi e vecchi terrazzamenti. Qui, dove per decenni la forza lavoro è migrata verso le fabbriche tessili, Lorenzo Rovero ha deciso di rimettere le mani nella terra e fondare la sua azienda agricola biologica. La sua storia non è quella di un semplice ritorno all’agricoltura, ma di una scelta consapevole: custodire la memoria dei luoghi, ricostruire un’economia rurale basata sulla qualità e ridare dignità a una viticoltura che sembrava destinata a scomparire. Rovero lavora senza chimica di sintesi, senza lieviti aggiunti e senza filtrazioni, producendo vini naturali che riflettono il carattere del territorio: severo, minerale, autentico. Per scoprire le sue eccellenze - tra le specialità acquistabili al mercatino Let Eat Bi -, la sua visione del vino, del lavoro agricolo e del valore di custodire la terra che ci nutre vi proponiamo l'intervista che segue.
Lorenzo, il tuo lavoro nasce nel Biellese orientale, in un contesto che ha conosciuto sia la tradizione agricola sia quella industriale. In che modo questo paesaggio complesso influenza la tua visione del lavoro agricolo?
Io divento potatore già durante il liceo, lavorando per altre aziende vitivinicole. Poi mi laureo in scienze politiche, con una tesi sul micro-credito in agricoltura, e lì nasce l’idea di un progetto che unisse agricoltura e sostenibilità. Mio padre aveva una piccola vigna davanti casa: da lì le prime sperimentazioni di vinificazioni naturali, senza chimica di sintesi.
Sostegno è una zona agricola di grande valore ma segnata dall’abbandono dovuto all’industrializzazione. Il mio obiettivo è stato custodire queste vigne non più competitive, ridando valore al lavoro e alla storia che le hanno rese produttive.
Quali sono le principali sfide per chi oggi fa vino naturale in una piccola realtà del Nord Italia?
Le difficoltà sono molte: accessi complicati, cambiamenti climatici, animali selvatici come i cinghiali, nuove specie invasive come la popillia japonica. Questo comporta grossi investimenti in recinzioni e manutenzione. Ma i vantaggi sono terreni incontaminati, mai trattati pesantemente, e la possibilità di produrre vini liberi da chimica, che raccontano un territorio unico.
Nelle tue vigne utilizzi metodi biologici rigorosi e prodotti naturali come zolfo, rame, bicarbonato e oli essenziali. Cosa ti ha spinto verso questo approccio?
All’inizio c’era molta diffidenza verso il vino naturale, ma oggi il mercato si sta aprendo. Io cerco sempre il contatto diretto con i clienti: invitarli in azienda, mostrare la cura della vigna e della cantina aiuta a comprendere la filosofia del nostro lavoro. L’attenzione, la pulizia e il rispetto dell’ambiente sono parte della qualità del prodotto.
Quanto è importante, oggi, creare una rete tra piccoli produttori, agricoltori e cittadini?
Fondamentale. Bisogna uscire dalla logica dei grandi distributori e creare reti dirette con i clienti. Anche il mercatino Let Eat Bi, per esempio, permette di fare squadra tra produttori e artigiani, scambiarsi esperienze, formarsi e crescere insieme. Creare paesaggio significa anche questo: coltivare relazioni, bellezza e qualità condivisa.
La tua cantina lavora senza lieviti aggiunti, senza solfiti e senza filtrazioni. Quali vini si possono trovare al tuo banchetto?
Produco circa 6mila bottiglie di vino: da quelli più strutturati come il Bramaterra riserva ai vini bianchi, ma poi ci sono anche i rosati di Nebbiolo e l’orange wine, ottenuto da uve bianche vinificate come rosse, oggi tra i più richiesti. Accanto ai vini, propongo succhi di mele (un produzione di circa 2mila) di antiche varietà locali, senza zuccheri né conservanti.
Se il tuo Bramaterra avesse una voce, cosa direbbe di te?
Direbbe di non dimenticare le zone marginali del nostro territorio: luoghi difficili ma ricchi di mineralità e carattere, come i nostri vini, nati sul suolo del “super vulcano” della Valsessera.