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Alla scoperta di Let Eat Bi su Eco di Biella – Viva il latte vivo
Continua su Eco di Biella la rubrica "Locale, naturale, stagionale by Let Eat Bi", che mette in luce per tutto l'anno le produttrici e i produttori del mercatino, proponendo anche ricette e approfondimenti su temi ambientali e legati al mondo del cibo e dell'agricoltura. Riscopriamo l'ultimo editoriale posto sotto i riflettori: un articolo dedicato al latte crudo curato da Francesca Castagnetti, responsabile di sviluppo di Let Eat Bi.
Il latte crudo dopo la mungitura non viene pastorizzato. È un ingrediente vivo, che mantiene tutte le caratteristiche di partenza dettate dal territorio, dalla mandria e dalla stagione, che in caseificio vengono trasferite direttamente a formaggi e altri prodotti caseari, mantenendo tutti gli aromi e i profumi della flora locale di cui si nutrono gli animali al pascolo. Per molte realtà artigianali come quella di Manuela Zegna (Az. Agricola La Crava Cuntenta) “il latte crudo è una conquista”. Questa visione rispecchia quella di Slow Food, organizzazione internazionale che si è storicamente fatta portavoce, non solo in Italia ma anche negli Stati Uniti e in Irlanda, ad esempio, di quello che è, di fatto, un movimento per la tutela della produzione a latte crudo. In un documento di posizione in risposta alle nuove linee guida ministeriali sul rischio Escherichia coli STEC dello scorso luglio, Slow Food esprime forte preoccupazione per le conseguenze delle nuove misure previste e denuncia un allarmismo mediatico ingiustificato, che danneggia l’immagine del settore; sottolinea inoltre come il rischio STEC non sia esclusivo dei formaggi a latte crudo: c’è da chiedersi allora perché solo i formaggi siano nel mirino.
Parliamo di un settore già in difficoltà: come denunciato da Slow Food, una stalla su tre è scomparsa negli ultimi 10 anni. Un formaggio non si produce solo in caseificio, esso è il risultato finale di un'attenta osservazione e interazione con i luoghi e gli esseri viventi da cui dipendono i mezzi di sussistenza tradizionali: dagli animali allevati alla diversità della flora e del suolo, a quella del latte. Si tratta di pratiche che si portano dietro saperi antichi, non solo dal punto di vista gastronomico, ma anche da quello ambientale e di gestione del paesaggio, pratiche che nel corso dei secoli hanno plasmato le montagne del Biellese, ad esempio, generando identità gastronomiche locali che sono fonti di identità e reddito, così come di attrattiva e promozione turistica.
“Noi andiamo avanti con il latte crudo”, ferma nella sua posizione Ivana Coppa dell’Azienda Agricola Cascina Pralba non nasconde, tuttavia, la sua preoccupazione: oltre a produrre un risultato diverso, il processo di pastorizzazione richiederebbe dispendio di tempo e di denaro, incluso per l’acquisto di nuova attrezzatura. Per non parlare degli sprechi: servirebbe infatti almeno il doppio di acqua per raffreddare il latte, bene prezioso la cui disponibilità è, in alcuni luoghi, sempre più limitata. Il valore dei formaggi a latte crudo risiede nella loro straordinaria complessità aromatica, frutto di un latte che conserva una ricca diversità microbica. Questo tipo di produzione richiede un’attenzione estrema alla qualità e all’igiene: i produttori adottano controlli rigorosi e pratiche quotidiane per garantire sicurezza e freschezza, spesso ben oltre quanto richiesto per i formaggi industriali. Nonostante le difficoltà tecniche e burocratiche, molti casare/i scelgono consapevolmente di lavorare con il latte crudo per preservare una tradizione artigianale e dare vita a prodotti unici. Tuttavia, se i consumatori non sceglieranno attivamente questi formaggi, anche a causa di disinformazione e allarmismo ingiustificato, il rischio è che scompaiano dal mercato, insieme ai saperi che li rendono possibili.