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Oropa: un pulsante che aspetta di essere premuto
"Sono centinaia di migliaia i pellegrini che visitano questo santuario, casa e monumento di un pensiero di fratellanza e amore, carità e compassione. Quanti di questi ‘turisti’ il giorno dopo la visita a Oropa praticano la sua filosofia?". Vi proponiamo un editoriale di Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte, pubblicato giovedì 26 ottobre sull'inserto "Report - Biellese Green" di Eco di Biella.
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Oropa e il Santuario. Crediti foto: www.santuariodioropa.it.
Eppure, dopo due millenni, nella conca d’Oropa sta un capolavoro di architettura dedicato proprio a quel pensiero, a quella filosofia di vita e convivenza tra umani, e non a quei leader osannati, obbediti e temuti di cui oggi ognuno si vergognerebbe di dirsi un follower. Idolo di questa meraviglia dell’arte architettonica integrata con la maestosa e sublime natura delle montagne è la statua di una donna nera. Anche se ci sono varie teorie sul perché sia di questo colore, lei ha una pelle decisamente lontana dal pallore di noi europei, come i Palestinesi che i nostri alleati internazionali stanno bombardando, come i nigeriani e i maliani che le nostre navi militari stanno respingendo e contro cui parlamentari e piazze europee si scagliano impauriti come di fronte al più pericoloso nemico. Ho sentito con le mie orecchie domenica scorsa un rispettabile (?) signore ligure che affitta biciclette sul lungomare augurarsi che alle frontiere di Ventimiglia ne muoiano il più possibile di questi temibilissimi personaggi, meglio se tutti. Forse la crocifissione sarebbe eccessiva anche ai suoi occhi, forse, ma una fucilata o qualcosa di più moderno sembrava andare bene.
Sono centinaia di migliaia i pellegrini che visitano questo santuario – elegantemente posato come una sfinge attenta ed enigmatica, rivolta a sud, traguardante da lassù, nelle giornate terse, chissà, forse oltre la pianura padana il mediterraneo e i suoi flutti che riempiono di angoscia il cuore di milioni di persone –, casa e monumento di un pensiero di fratellanza e amore, carità e compassione. Quanti di questi ‘turisti’ il giorno dopo la visita a Oropa praticano la sua filosofia? Non è che magari capiterà di incontrare all’interno della Basilica un giorno proprio quell’ineffabile signore sanremasco, maestro di vita e civiltà, con la barba bianca e il pizzetto, quello che si augurava a voce alta la morte di centinaia di ragazzi e ragazze ammassati nei centri di accoglienza (così li chiamiamo!) con la pelle scura e il coraggio disperato della famigliola di cercare una casa e una vita migliore per sé e i loro figli, senza nemmeno un bue, un asinello e una stella cometa a guardagli le spalle?
La cupola di Oropa è come un pulsante, un immenso pulsante che abbiamo di fronte a noi da secoli, è lì che aspetta che un dito ‘capace’ lo prema e accenda il circuito spento della compassione, o spenga quello acceso dell’odio.
Probabilmente ci sono tantissime strade per arrivare a mettere il proprio dito su quel bottone. La mia passa per l’arte. Abbiamo fatto una mostra qualche mese fa a Palazzo Reale a Milano con un titolo che è come una teleferica verso Oropa: la pace preventiva. Soltanto la pace può portare la pace. La guerra inevitabilmente la guerra.