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La Committenza dello Statodellarte
Dall’artista solitario all’autore collettivo: Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte, nell'editoriale che apre la pubblicazione cartacea di "Arte al Centro", ripercorre la trasformazione del ruolo dell’artista e della committenza nella storia, fino a delineare le nuove traiettorie dell’arte impegnata nel XXI secolo. Dalla crisi del modello individualista e consumista alla riscoperta delle comunità di pratica, Naldini propone un orizzonte in cui l’artista diventa co-autore di processi sociali, culturali e ambientali condivisi. Attraverso il concetto lo Statodellarte e l’esperienza della Fondazione Pistoletto alla Biennale di Venezia 2025, invita a riconoscere nell’arte un motore di cambiamento e co-creazione diffusa, in cui imprese, territori e cittadinanza convergono per costruire un futuro sostenibile, equo e consapevole.
Gli artisti nelle diverse culture producono artefatti e simboli che le loro comunità utilizzano in passaggi chiave della vita sociale. Spesso in questa funzione l’arte si accompagna alla religione e alla sua sorella, la politica.
L’arte tribale africana, come quella delle americhe precolombiane, delle vaste regioni pelagiche dell’Oceania e delle distese ghiacciate artiche è sempre integrale alla vita della comunità e alla celebrazione e cura dei suoi rapporti con gli altri viventi, terreni e oltreterreni.
Huaser nella sua celebre Storia sociale dell’arte svela le dinamiche culturali ed economiche soggiacenti i sistemi sociali e smonta le pretese di autonomia dell’arte dimostrando come ogni assetto sociale si rifletta nella produzione artistica prevalente.
Anche quando l’artista nell’Europa della rivoluzione industriale viene abbandonato dai suoi committenti storici (i nobili e la Chiesa), non resta solo per molto tempo; con l’impressionismo, infatti, si ricongiunge al suo nuovo compagno di strada, il borghese dell’impresa capitalistica emergente. Si ritrovano, questi due amici nemici, sulla base di un mito che caratterizza la modernità occidentale e con la globalizzazione di fine ‘900 l’intero globo: l’individuo. Questo soggetto/concetto si contrappone radicalmente al regime antico, premoderno, fondato sui clan famigliari, sul casato, sulla gens, un mondo in cui l’individuo emergeva di rado nelle figure degli eroi, del genio, del condottiero, del santo, spesso più prodotti della mistificazione che reali.
Diverso è invece il caso del borghese che intraprende investendo capitale (spesso con dei soci che condividono il rischio purché la loro responsabilità sia limitata): questi è davvero solo, slegato dalle classi, dalle famiglie, dalle tradizioni, dal potere costituito. Il capitale rappresenta il motore sociale. Ma sopratutto le sue fabbriche hanno bisogno non del clan comunitario (come quando si commissionavano 100 casacche all’artigiano alla cui bottega lavoravano magari dieci o venti indistinte persone), hanno invece bisogno proprio del singolo individuo che muove la macchina, e percepisce il salario personale. Con quei due soldi, anzi dollari, presto questo operaio dei tempi moderni diventa anche cliente, desiderando follemente acquistare l’automobile modello T alla cui produzione aveva passato la vita. La Signora Thatcher poteva quindi con rabbiosa gioia proclamare che la società non esiste, bensì esiste l’individuo, che consuma e vota. I prodotti del consumo sono progettati e propagandati sulla scia dell’idea che comprando ci si realizza come umani. Devono quindi essere utili a un uso materiale, ma anche a una funzione psichica: ho il frigo, l’automobile e il telefono portatile di ultima generazione, quindi sono, esisto, appartengo.
Fin qui tutto abbastanza assodato.
Che cosa succede quando, intorno alla fine del millennio, tutto questo si rivela senza appello un modello disfunzionale e tossico, anche se qualche negazionista e fondamentalista cerca di mantenerlo in vita?
La generalizzazione della crisi investe ogni campo di azione. Il re è nudo, e nella nudità mostra la sua natura di predone senza morale orientato alla massimizzazione del profitto e quindi della resa degli investimenti fatti.
In questo contesto niente trattiene i leader politici che operano senza reticenza e senza freni, aprendo ampi scenari di conflittualità sociale e una nuova stagione di guerre coloniali, come in Ucraina, o una acutizzazione drammatica di occupazioni decennali come in Palestina, e negli altri oltre 40 teatri di conflitto conclamato.
Si tratta di uno smascheramento diffuso del potere, quindi anche della committenza; il mercato non ha più nessuna pretesa di agire per il bene comune. Nessuno più crede nell’esistenza di una mano invisibile che aggiusterebbe l’equilibrio migliore possibile. Tutti temono le mani aggressive degli oligarchi dei media che ti spiano mentre parli con tua moglie o cerchi online l’origine della parola committente, in modo da poter vendere al produttore di pannolini o viaggi in crociera le tue preferenze, e alle agenzie di comunicazione il tuo profilo affinché i leader dei partiti democratici possano decidere come influenzarti facendoti vedere notizie vere e false sul mondo in cui loro saranno dei leader indispensabili.
Che cosa resta della committenza per l’artista che raccontava la meravigliosa storia di emancipazione e autorealizzazione personale attraverso l’espressione della propria individualità unica e irripetibile, come una sfumatura di rosa nel giardino di Givenchy o l’astrusa compresenza dei diversi punti di vista davanti a una donna seduta al tavolino con un violino e un foglio di carta, o allo sgocciolamento della vernice al gesto virile del pittore in piedi davanti alla tela posata per terra?
Lo racconta bene la 19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, inaugurata il 10 maggio 2025. L’artista, insieme al designer e all’architetto, scoprono che c’è qualcun altro oltre al cliente: ci sono le comunità tutt’intorno, ci sono gli animali e la biodiversità della vita sulla terra, ci sono il clima e gli oceani e i ghiacciai e le calotte polari, c’è l’atmosfera e l’infosfera, ci sono i beni comuni, c’è l’avvento dell’intelligenza artificiale e il suo impatto sulla nostra vita, c’è la possibilità di curare tutte le persone del mondo e di sfamarle, di produrre energia ripulendo il pianeta e liberandosi dalla dipendenza dai combustibili fossili e i loro padroni senza scrupoli, di portare la pace in ogni conflitto compresi quelli pretesi impossibili da risolvere come quello palestinese, di affrontare e risolvere ogni problema perché l’intelligenza umana, collettiva e cumulativa, ha già le soluzioni per tutti questi problemi.
Lo racconta la Biennale di Venezia del 2025, ma lo raccontiamo noi con la Geografia della Trasformazione e i Metodi del 2002, con il Terzo Paradiso del 2003 e la derivata formula della creazione, con l’Arte della Demopraxia, del 2012, e lo Statodellarte, presentato proprio alla Biennale suddetta su invito del curatore Carlo Ratti, insieme all’installazione di apertura intitolata appunto alla Prospettiva del Terzo Paradiso, che rappresenta tutte queste soluzioni con un simbolo formula.
Lo Statodellarte è un’organizzazione delle società fondata su un’idea semplice: ogni gruppo di persone riunito per un mestiere o un obbiettivo concreto, cioè ogni comunità di pratica, è un micro governo e parlamento. I membri di ognuna di queste comunità di pratica possiedono e spesso esercitano (anche se in misura insufficiente e inibita dall’autoritarismo imperante) la capacità di creare, inventando visioni e prassi con cui affrontare e risolvere versioni locali di questioni globali.
Riconoscere il potenziale di queste comunità creative (comunità di co-creazione) e articolare metodi e infrastrutture perché si sviluppino e propaghino è la missione di un’idea di stato che attraversa, integra e complementa tutte le esistenti forme di Stato nazionale, etnico, ideologico, e di ogni altra origine. Le comunità di pratica come microgoverni, infatti, sono attive a Cuba come in Cina, in Italia come in Corea, in Svizzera come in Indonesia. E in ciascuno di questi Paesi, Cittadellarte ha avviato programmi di sperimentazione dell’arte di organizzare questo Statodellarte, cioè la Demopraxia.
E l’artista e il suo committente, allora? Dove sono finiti?
Nei parlamenti delle comunità di pratica e dei territori, si incontrano ancora come prima, ma la loro idea di opera non è più limitata all’utilità e all’utile personale; ora ambiscono ad andare oltre, senza tradire le ragioni di questo interesse primario, ma estendendolo all’utilità per altri soggetti che stanno intorno, nell’ambiente, nelle circostanze, nel cerchio centrale che si viene a formare tra loro e gli altri, uno spazio di co-creazione e di cura, in cui sta tutto un mondo di possibilità e di economie, di pratiche e invenzioni, di tecnologie e scoperte, come la nostra Accademia Unidee studia e insegna da anni, e come la Biennale di Venezia presenta magistralmente, per esempio nel Leone d’Oro al Padiglione del Regno del Bahrein per il progetto di condizionamento naturale grazie al gradiente termico del sottosuolo, secondo una rivisitazione contemporanea di un sapere antico.
La committenza è espansa, dunque. È estesa a chi non ha parola e non aveva voce in capitolo. Oggi, questo capitolo, lo scriviamo con gli artisti e i committenti dell’arte socialmente impegnata che per esempio il progetto Visible, in partnership con Fondazione Zegna, ricerca e diffonde da quasi 15 anni. Ma non è più solo un’opera per specialisti. Siamo entrati nell’epoca in cui si realizzano opere di un’arte diffusa in tutti i settori e gangli della società, cioè potenzialmente in tutte le comunità di pratica: la committenza e gli autori sono queste stesse comunità di pratica e gli artisti che con esse si accompagnano. E in particolare sono le imprese, quelle comunità di pratica organizzate in modo razionale e orientato all’efficienza, per la produzione di beni e servizi che rispondono nel modo migliore possibile a una domanda.
È qui, in questa forma di committenza che unisce il mercato ai bisogni allargati di una committenza non più ristretta e miope, ma allargata e di grande visione, che trova il motore del proprio sviluppo lo Statodellarte che da Cittadellarte prende avvio, con una sua Costituzione e con una chiamata di corresponsabilità rivolta alle comunità di pratica che massimamente possono governare il territorio e i sistemi sociali: le imprese.
Oggi, proponiamo dunque lo Statodellarte e l’Impresadellarte come passaggi nodali del percorso che unisce la ricerca di Pistoletto degli anni ‘60 (che nello specchio trovava l’autoritratto di sé e del mondo), il Manifesto di Progetto Arte del 1994 (che dichiarava il ruolo dell’arte di mettere in comunicazione tutti i settori della società), la Formula della Creazione o Terzo Paradiso (che offre il metodo di unire gli opposti e cocreare ciò che prima non esisteva senza mai distruggere niente e nessuno, ma se mai trasformandosi insieme) e l’Arte della Demopraxia, come orizzonte con cui dare forma alla società non più degli automi, bensì degli autori.
Lo Statodellarte accoglie l’eredità vivente di questo percorso e la rilancia verso un programma vasto, vastissimo, ma già in corso di realizzazione.
Paolo Naldini
Direttore Fondazione Pistoletto Cittadellarte

Pavilion of BAHRAIN (KINGDOM OF) Heatwave. 19th International Architecture Exhibition of La Biennale di Venezia Intelligens. Natural. Artificial. Collective. Al Regno del Bahrain, con Canicola esposta all’Arsenale, è stato assegnato il Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale. Photo by: Andrea Avezzù. Courtesy: La Biennale di Venezia.