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Scrivere per non restare fermi: i cammini fisici e interiori nell’esordio narrativo di Paolo Naldini

Un viaggio letterario tra impegno civile, ferite geopolitiche, responsabilità individuale e collettiva: mercoledì 12 novembre a Villa Piazza a Pettinengo si è tenuta prima presentazione pubblica del romanzo "Good Morning, Palestine" del direttore di Cittadellarte. L'iniziativa si è rivelata non solo la vetrina di una storia, ma un incontro corale di coscienza e ascolto che ha preso forma attraverso il dialogo tra l'autore e il presidente di Pacefuturo Stefano Zumaglini e le testimonianze di Nazarena Lanza, promotrice delle Local March for Gaza, e di Izz Aljabari, giovane artista palestinese.

Arte e società

C’è stato un clima sospeso tra emozione, impegno civile e condivisione, mercoledì 12 novembre a Villa Piazzo, per la prima presentazione pubblica di Good Morning, Palestine, edito da Capponi, il romanzo d’esordio di Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte. Partiamo dal contesto, un luogo non casuale: come ha ricordato sin dall’apertura Andrea Trivero, direttore di Pacefuturo che ha alzato il sipario sull'appuntamento, "qui crediamo nel dialogo e nell’ascolto. Da questi valori parte la possibilità di immaginare un futuro migliore". La serata, ideata e promossa proprio da Pacefuturo, ha intrecciato letteratura, testimonianze e frangenti introspettivi, trasformando la presentazione in un incontro di coscienze e narrazioni. A introdurre l’autore è stato Stefano Zumaglini, presidente di Pacefuturo, che ha guidato la conversazione partendo da una questione semplice, ossia la nascita del romanzo. Naldini, che non ha nascosto l'emozione nel vivere il suo primo incontro nelle vesti di romanziere, ha esordito rivelando la natura intima del progetto: "È nato da una profonda frustrazione: la mia passività di fronte alle tragedie che accadono vicino o lontano. Scrivere è stato il modo per trasformare quell'impotenza in un movimento, prima immaginativo, poi concreto".

L'inizio
Good Morning, Palestine
racconta, come riportato in un nostro precedente articolo, la storia di Sebastiano, insegnante di scuola media, travolto da una crisi morale e affettiva che sfocia in un gesto sulla carta folle, ma colorato di speranza: mettersi in cammino verso Gerusalemme insieme al suo barboncino Leone. "Il protagonista è un uomo normale - ha sottolineato Naldini - e pieno di dubbi. Ma non fugge dai suoi limiti: li affronta in un dialogo serrato con il suo grillo parlante interiore. È un tentativo - il suo e il mio - di vedere cosa succede quando la coscienza smette di tacere". Per l'autore, come ribadito durante la presentazione, è anche un modo per scardinare i paradigmi sociali che un'impresa di quel tipo possa essere compiuta soltanto da un'eroe. In questo caso non è così: Sebastiano è una persona qualunque, uno di noi.

Quando l'immaginazione anticipa la realtà
Il cammino di Sebastiano è dunque chiaro, ma c'è un significativo parallelismo con l'autore. Zumaglini ha fornito l'assist per l'allegoria, sottolineando come il romanzo sembri rispecchiare una traiettoria che riguarda anche Naldini: "Sebastiano ha fatto un cammino fisico, Paolo uno interiore grazie alla scrittura della storia. E ogni lettore potrà viaggiare grazie alle sue parole". Insomma, una storia che nel moderatore - e nel lettore - ha lasciato il segno. Inoltre, Paolo Naldini non si è limitato alla scrittura: ha condiviso col pubblico la settimana di digiuno contro la guerra a Gaza e la partecipazione alla Global March to Gaza al Cairo; insomma, eventi reali che, curiosamente, ha vissuto dopo aver immaginato episodi simili nel romanzo. "Il libro mi ha attivato. L'ossessione narrativa è diventata esperienza di vita".

Good morning, ossessione
Il dialogo ha toccato anche gli aspetti più letterari dell’opera. Zumaglini, per esempio, ha insistito su un elemento: l’ossessione amorosa del protagonista. "Sebastiano è innamorato di una cantante che non conosce davvero", spiega Naldini. "Non vuole concretizzare quell’amore, ma non riesce a rinunciare all'innamoramento. Lo fa inciampare, ma lo tiene vivo. È una forza fragile e potente al tempo stesso". Quanto al titolo, Good Morning, Palestine, Naldini ha rivelato la sua origine quotidiana: "Quando mi sveglio penso a molte cose, ma tra i primi pensieri c’è sempre ciò che accade a Gaza. Il titolo nasce da lì: dal gesto di rivolgere un saluto mattutino a una realtà che non riesco a ignorare". Parola dopo parola, l'orologio è stato dimenticato, il tempo assorbito. E nessuno se n'è accorto: la presentazione è continuata con le domande del pubblico, numerose, eterogenee e soprattutto partecipate. Un dialogo collettivo che continuava ad alimentarsi.

Dai sentieri della Cisgiordania alle montagne biellesi
La seconda parte dell’evento ha visto protagonista Nazarena Lanza, promotrice delle Local March for Gaza, in dialogo con Andrea Trivero. La sua testimonianza ha dato voce a un attivismo con radici concrete. "Ho sempre sentito una responsabilità verso ciò che accade in Palestina", ha affermato. "Quando sei nei territori occupati capisci che, se le persone vedessero con i propri occhi ciò che accade, qualcosa cambierebbe". Lanza ha raccontato come la questione palestinese, nel discorso pubblico, sia anche una battaglia di narrazioni: "Da anni assistiamo alla costruzione di uno sguardo razzista nei confronti delle popolazioni arabe e musulmane. Serviva un nuovo modo di comunicare, fuori dalla nostra cerchia". La risposta è stata sorprendente e profondamente legata al territorio biellese: "Ci siamo accorti che qui interessa la montagna, interessa il Cammino di Oropa. Così abbiamo iniziato a camminare. Prima una petizione scritta di cuore, poi 29 cammini, poi ancora un kit replicabile in tutta Italia. Il cammino è diventato un modo per far vedere, per rendere visibile l’invisibile". Il racconto di Lanza ha fatto risuonare un filo narrativo già emerso durante la presentazione del romanzo: il legame tra cammino fisico e cammino interiore. La marcia come forma di testimonianza, ma anche come accesso a una verità che non si può cogliere da fermi.

Memoria, terra e resistenza
La serata si è conclusa con la presentazione della ricerca artistica di Izz Aljabari, giovane artista palestinese originario di Hebron e residente a Cittadellarte grazie alla collaborazione tra Fondazione Pistoletto e Qattan Foundation. Tradotto da Naldini, Aljabari ha raccontato la propria storia personale e illustrato la sua pratica artistica, incentrata sulla relazione tra memoria, suolo, ferite collettive e forme di controllo coloniale. Le sue installazioni - composte di pietra, polvere, vetro e specchi - agiscono come dispositivi sensibili, capaci di trasformare gli archivi in luoghi vivi, aperti e vulnerabili. Nella sua ricerca a UNIDEE Residency Programs Aljabari sta infatti approfondendo il rapporto tra memoria locale e algoritmi di sorveglianza: "L’intelligenza artificiale tenta di tradurre la vita palestinese in dati. Io faccio il contrario: cerco di restituire alla materia il suo valore umano e poetico". Un intervento che ha ampliato ulteriormente il contesto del romanzo, riportando l’attenzione dal piano simbolico a quello politico e storico.

La fine (nuovo inizio)
A fine serata - tra firmacopie, rinfresco e conversazioni informali - l'impressione era che l’evento avesse superato i confini del semplice lancio editoriale. Good Morning, Palestine non è stato solo raccontato: è stato messo in relazione con chi cammina, con chi resiste, con chi crea. Il libro di Naldini, le parole di Lanza, la voce di Aljabari: tre direzioni diverse che hanno tracciato un’unica mappa, una mappa che non indica luoghi ma possibilità. Quando la sala si è svuotata, a Villa Piazzo è rimasto qualcosa di invisibile ma persistente, ovvero la sensazione che ogni storia possa avvicinare ciò che sembra lontano, e che ogni gesto, anche il più piccolo, possa incrinare l’indifferenza. Ecco perché la serata non si è davvero conclusa: ha inaugurato un percorso. Un cammino che, come quello di Sebastiano, resta aperto a chiunque voglia unirsi a lui.

Pubblicazione
14.11.25
Scritto da
Luca Deias