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"Camera", a Torino una mostra fotografica sulla rivoluzione dell’arte italiana degli anni Settanta
Fino al 2 ottobre nel Centro Italiano per la Fotografia del capoluogo piemontese è aperta l'esposizione "La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977", che vede Michelangelo Pistoletto tra i soggetti protagonisti delle numerose immagini presenti. La mostra, curata da Ludovico Pratesi e organizzata e promossa da Archivio Luce Cinecittà in collaborazione con CAMERA, mira a raccontare l’evoluzione dell’arte in Italia dal 1967 al 1977.
Arte e società
La mostra, curata da Ludovico Pratesi e organizzata e promossa da Archivio Luce Cinecittà in collaborazione con CAMERA, si propone di raccontare l’evoluzione dell’arte in Italia dal 1967 al 1977, attraverso una ricca documentazione fotografica realizzata da fotografi come Claudio Abate, Mimmo Jodice, Paolo Pellion, Paolo Mussat Sartor, Bruno Manconi e Fabio Donato, offrendo uno sguardo diretto e partecipato su eventi che hanno ridefinito i canoni dell’arte contemporanea internazionale. In quel periodo, sulla spinta delle contestazioni del ’68, l’arte esce dalle gallerie e dai musei per entrare a contatto con la vita quotidiana, spesso con opere strettamente collegate ai profondi cambiamenti sociali e politici in atto, che si concretizzano anche nelle continue e sempre più frequenti contaminazioni con il teatro, il cinema, la letteratura e la poesia. Attraverso 150 immagini provenienti dagli archivi delle gallerie e dei fotografi che parteciparono a questi eventi, ritraendo mostre, performance, dibattiti e azioni, la mostra descrive l’evoluzione di una scena internazionale che vede l’Italia al centro della cultura artistica del tempo. Tra le immagini presenti anche Michelangelo Pistoletto è uno dei soggetti protagonisti: nella foto di copertina il maestro biellese in uno scatto di Paolo Mussat Sartor, a Torino nel 1970.
“Artisti come Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, Alighiero Boetti e Jannis Kounellis - si legge nell'apposita nota stampa - sperimentano nuovi linguaggi come performance, installazioni e happening, in relazione con la scena internazionale. L’arte esce dalla cornice del quadro per invadere il mondo, entrare nelle strade e nelle piazze, nei garage e nei parcheggi sotterranei, in un incredibile intreccio con la realtà e la vita quotidiana, sia individuale che collettiva, dell’epoca. I galleristi e i critici italiani aprono le porte agli artisti internazionali più estremi, come Joseph Beuys, Hermann Nitsch, Marina Abramovic, che trovano nel nostro paese occasioni di sperimentare linguaggi visionari e provocatori con grande libertà. In questo frangente storico la fotografia diventa indispensabile per raccontare e documentare pratiche altrimenti effimere”.