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Fermare il declino della biodiversità è possibile
Uno studio pubblicato su “Nature” conferma che dopo la Convenzione di Rio, firmata da 109 paesi nel 1992 e dedicata alla conservazione delle biodiversità, il tasso di perdita delle specie è calato del 29% rispetto all’andamento previsto. Per la prima volta un gruppo di ricercatori è riuscito a fornire un sistema per la misurazione dell’efficacia degli sforzi adoperati per la salvaguardia delle forme di vita in pericolo di estinzione.
Arte e società
Per la prima volta, dunque, un gruppo di ricercatori è riuscito a fornire un sistema per la misurazione dell’efficacia degli sforzi adoperati per la conservazione della biodiversità; valutazione che prima d’ora era stata difficilmente misurabile. Il team di Tobias e Gittleman è riuscito a farlo grazie a una nuova tecnica, che si basa sull’analisi di una serie di dati relativi ai finanziamenti globali destinati alla conservazione della biodiversità. Gli scienziati hanno quantificato la spesa complessiva dei 109 paesi nel periodo 1992-2003 e hanno isolato due classi di fattori che influenzato in misura prevalente la biodiversità; uno positivo (l’investimento in misure di prevenzione) e uno negativo (sviluppo economico, espansione dell'agricoltura e crescita demografica). Con l’incrocio di questi due dati, hanno creato un algoritmo che suddivide la responsabilità dell’estinzione delle specie tra i singoli paesi. È stato quindi stimato che con un'efficiente distribuzione delle risorse per la conservazione delle specie basterebbe meno dello 0,01% del prodotto interno lordo globale per limitare la perdita di biodiversità. Questo sistema di distribuzione delle risorse finanziarie destinate alla conservazione aiuterà i paesi a raggiungere un maggiore equilibrio tra lo sviluppo economico e la necessità della salvaguardia delle specie animali, incentivandoli così a impegnarsi maggiormente nella tutela ambientale.