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"Intelli_Gens Demopratica", quando l'arte governa: pratiche e prospettive della Demopraxia alla Biennale Architettura 2025
Dialoghi e (condi)visioni per un nuovo Statodellarte tra arte, cittadinanza e innovazione demopratica: il 21 ottobre 2025, nell’ambito del "GENS Public Programme" della "19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia", si è tenuta presso le Speakers’ Corner delle Corderie dell’Arsenale una giornata di studi e confronto dedicata alle opere demopratiche come strumenti di rigenerazione civica, sociale e culturale. L'evento ha riunito artisti, ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso, istituzioni, studiosi, amministratori e attivisti per esplorare nuove forme di convivenza armonica e sostenibile. “Abbiamo portato alla Biennale - ha affermato Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte - un metodo per generare intelligenza collettiva già di fatto attivo in diverse città del mondo".
Dall’Italia alla Corea, da Biella a L’Avana e Ginevra, da Roma a Nova Gorica/Gorizia, passando per Busto Arsizio, Scanno e L’Aquila: Cittadellarte ha fatto rete e posto sotto i riflettori, nel prestigioso contesto, ça va sans dire, della 19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, chi sta cambiando il mondo nel proprio ambito comunitario e territoriale. Questa sentenza sloganistica, "cambiare il mondo" potrebbe far storcere il naso: è una definizione abusata, che spesso strizza l'occhio più all'utopia che alla pratica. Eppure, chi ieri ha preso parte all'evento proposto dalla Fondazione Pistoletto, nell’ambito del GENS Public Programme, non può non avere una visione quantomeno incoraggiante - esagerando con la prudenza dei toni - generata dal mosaico di interventi che hanno dato forma alla giornata. Intelli_Gens Demopratica, questo il titolo dell'iniziativa, ha messo in luce presso lo Speakers’ Corner delle Corderie dell’Arsenale casi e storie che differiscono negli ambiti e nelle ubicazioni, ma che trovano ispirazione, ponte e soprattutto metodo comune nella Demopraxia. Non solo: quello che ha colpito gli astanti non è stata solo la narrazione emotiva e profondamente sentita di ogni relatore, ma i risultati che le opere demopratiche hanno raggiunto finora. Per raccontare parte delle oltre 40 attivate nel mondo, in 10 anni di lavoro, l'incontro ha riunito artisti, studiosi, amministratori e attivisti in un dialogo che ha intrecciato arte, architettura, politica e pratiche condivise, per esplorare nuove forme di convivenza armonica e sostenibile. Scopriamo dunque quanto emerso nel programma, moderato da Michele Cerruti But, Course Leader del Triennio in Arte Pubblica di Accademia Unidee e professore di Urbanistica al Politecnico di Torino, che si è articolato in tre sessioni – Impacts, Challenges, Projects – e arricchito da quattro keynote speech dedicati a temi chiave quali il valore delle emozioni politiche nella vita collettiva, l’arte come infrastruttura sociale e la creazione di comunità attive per una democrazia rinnovata.
Michele Cerruti But e Francesca Carbone.
Giuliana Setari alza il sipario
Ad aprire la giornata è stata Giuliana Setari, presidente di Cittadellarte, che ha voluto sottolineare il valore simbolico e prospettico di questa edizione della Biennale Architettura, definendola “una delle più belle finora realizzate, capace di offrire una visione del futuro che ci rassicura e ci ispira". Nel suo intervento ha ricordato come l’installazione del Terzo Paradiso, collocata all’ingresso della Biennale, rappresenti una prospettiva di speranza e trasformazione, un segno concreto di partecipazione collettiva e di fiducia nelle possibilità del cambiamento sociale. “Questa opera – ha spiegato – è il frutto di un lavoro condiviso, a cui hanno partecipato molte persone, simbolo di una comunità che si riconosce nell’arte come forza rigeneratrice”. Rivolgendo un ringraziamento sentito ai sindaci delle città italiane presenti, Setari ha poi ricordato come la presenza di Cittadellarte alla Biennale abbia ottenuto un riconoscimento significativo: il progetto “Statodellarte” è stato infatti inserito nel percorso delle Intelli_Gens Canon, tra gli esempi di pratiche da conoscere e da cui apprendere. Nel suo speech ha ripercorso brevemente la storia e la mission della Fondazione, ricordando che “oltre venticinque anni fa, quando nacque Cittadellarte, non era affatto comune parlare quotidianamente di pace, cultura e sostenibilità”.
Giuliana Setari.
La voce della politica
A introdurre la giornata di studi è stato Michele Cerruti But, che ha ricordato come il tema della democrazia accompagni da anni la ricerca della Fondazione. “Ricordo una delle residenze di UNIDEE Residency Programs di qualche anno fa, in cui la parola ‘democrazia’ suscitò un acceso dibattito – ha raccontato –. Alcuni artisti, provenienti da paesi segnati da conflitti asserirono che nel nome della democrazia non è inusuale lanciare bombe. Da quella discussione nacque una riflessione collettiva, insieme a Paolo Naldini e Michelangelo Pistoletto: forse la democrazia ha delle fragilità, e va ripensata nella sua dimensione pratica”. Da lì prese forma il progetto della Demopraxia, che nel tempo si è evoluto in un metodo e in una rete internazionale di collaborazioni. Cerruti But ha quindi aperto la giornata invitando a “ridiscutere la stessa parola ‘democrazia’ e immaginare insieme il suo rinnovamento”. Sono seguiti i saluti istituzionali dei rappresentanti dei territori coinvolti nei progetti demopratici, a partire dal sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, il quale ha portato la testimonianza di una città che ha fatto della ricostruzione una pratica di democrazia concreta: “Noi non contestiamo la democrazia, la applichiamo nel miglior modo possibile affinché non risulti priva di contenuti. L’esperienza da noi, soprattutto dopo il sisma, è stata una grande forma di demopraxia inconsapevole”. La vicesindaca di Biella, Sara Gentile, ha sottolineato l’orgoglio della città nel partecipare a un evento di tale rilievo internazionale, ricordando il legame profondo con Cittadellarte e con il Terzo Paradiso. “Siamo nel luogo più importante del dibattito architettonico contemporaneo – ha dichiarato – ed è motivo di orgoglio sapere che un biellese come Michelangelo Pistoletto veicola messaggi di unione tra natura e artificio. Con la candidatura di Biella alla rete delle Città Creative UNESCO, abbiamo fatto nostro quel simbolo: la creatività non appartiene solo ad artisti e architetti, ma può ispirare ogni processo civile e amministrativo”. Il sindaco di Scanno, Giovanni Mastrogiovanni, ha portato la voce di una comunità che ha scelto di mettersi in gioco in prima persona: “Assicurare tutti gli strumenti della democrazia non è semplice – ha dichiarato –. Con il progetto del Terzo Paradiso - in riferimento a un'installazione del simbolo che verrà realizzata in città, ndr - abbiamo avviato non solo una rigenerazione urbana, ma anche un percorso culturale. Le nostre comunità devono rigenerare il proprio modo di pensarsi, e questo è il lavoro che stiamo facendo con Cittadellarte”. Infine, il presidente della Provincia di Biella, Emanuele Ramella Pralungo, ha offerto una riflessione lucida sulla responsabilità amministrativa e sulla necessità di riavvicinare arte, architettura e politica. “In questi anni si è perso il dialogo tra arte e amministrazione: troppo spesso si è agito in base a logiche utilitaristiche. Il compito degli amministratori deve essere quello di ricucire queste fratture". Concludendo, ha rivolto un appello alla platea: “Uno dei mali della nostra società è la perdita del senso di partecipazione. La democrazia è fragile perché i cittadini hanno smarrito il dovere di esserci. Partecipate, contestate gli amministratori: ne abbiamo bisogno, perché troppo spesso ci sentiamo soli al comando”.
Giovanni Mastrogiovanni, Pierluigi Biondi (al microfono) e Giuliana Setari.
Sara Gentile al microfono.
Emanuele Ramella Pralungo al microfono.
La partecipazione del presidente della Fondazione La Biennale di Venezia
Come da programma, ha poi raggiunto i relatori il presidente della Fondazione La Biennale di Venezia Pietrangelo Buttafuoco, che ha offerto una riflessione sul significato dello Speakers’ Corner, spazio voluto dal curatore Carlo Ratti per ospitare momenti di dialogo e confronto all’interno della Biennale. “Questo luogo mi esalta – ha affermato – perché permette che ciò che viene mostrato e raccontato, anche in forma di predizione, diventi esperienza viva dei saperi e delle competenze, generando un confronto continuo. È proprio questo esercizio della praxis che conduce ciascuno di noi verso una consapevolezza interiore”. Buttafuoco ha poi ampliato la sua riflessione al rapporto tra memoria, politica e comunità, sottolineando come camminare nelle città significhi immergersi in una memoria collettiva, in un tessuto di esperienze che unisce passato e presente. Richiamando la dimensione del politico come pratica quotidiana, ha poi riconosciuto la fatica degli amministratori, chiamati a misurarsi con l’immanenza dell’opinione pubblica e a orientarla verso una prassi costruttiva. “È un esercizio ingrato – ha aggiunto – quello di saper orientare l’opinione pubblica verso un fare condiviso, una prassi che costruisca davvero comunità.” Da questa riflessione è emerso un invito alla trasformazione dei cittadini in comunità pensante, capace di unire sentimento e ragione. Buttafuoco ha citato l’esempio di L'Aquila, città simbolo di rinascita e coesione dopo i terremoti che l'hanno colpita, dove “il sentimento pensante ha generato una nuova consapevolezza nel rapporto con la natura e con la politica”. Il suo intervento si è chiuso con una provocazione densa di significato, che suona come un monito e una visione: “Meno avvocati, più ingegneri”. Una frase che sintetizza l’urgenza di passare dalle parole alle costruzioni concrete, dall’interpretazione alla creazione.
Pietrangelo Buttafuoco al microfono.
Pietrangelo Buttafuoco.
Paolo Naldini e l'Arte per infrastrutturare il sociale
Dopo i saluti istituzionali dei politici, è stata la volta del primo Keynote speech della giornata: Arte per infrastrutturare il sociale, a cura di Paolo Naldini. Con un tono appassionato e riflessivo il direttore di Cittadellarte ha aperto il suo intervento esprimendo l’emozione di condividere un momento che rappresenta “un passaggio che, anni fa, non mi sarei mai aspettato”. Ripercorrendo le origini della Demopraxia, Naldini ha ricordato come l’idea sia nata all’interno della Fondazione Pistoletto, per poi diffondersi e assumere forme diverse in numerosi contesti, grazie al lavoro di molte persone e comunità che ne hanno reinterpretato i principi. “L’utopia dello Statodellarte – ha spiegato – è quella di rigenerare l’infrastruttura civica su cui si fonda la nostra vita collettiva. Sono ormai dieci anni che attiviamo opere demopratiche nel mondo: più di quaranta finora, con una decina oggi operative e altre in fase di nascita”. Naldini ha poi proposto una riflessione di natura teorica e antropologica sul concetto stesso di Demopraxia, sottolineando come si tratti di un termine che presenta un nuovo paradigma: “Quando ne parlavo per la prima volta, nessuno capiva di cosa si trattasse. Non solo il concetto non esisteva, ma neppure la parola. Deriva da praxis, non da kratos: non è una rivendicazione di potere, ma un sistema che regola e armonizza il concerto delle pratiche che costituiscono la nostra vita”. La demopraxia, ha spiegato, si fonda infatti sul riconoscimento che il governo del popolo non si esercita solo attraverso le istituzioni rappresentative, ma anche nelle pratiche collettive quotidiane che accomunano le persone in base alle attività che svolgono. “Viviamo in micro-governi – ha aggiunto –. Ogni gruppo, dal lavoro alla scuola, fino alla coppia, è una forma di governo condiviso. È in questi spazi che si gioca il nostro rapporto con la democrazia”. La sfida, dunque, è passare dall’era dell’individuo a quella del gruppo, dal dominio delle ideologie alla cooperazione concreta attorno alle pratiche comuni. In questo senso, le opere demopratiche diventano esperimenti di governance partecipata, cantieri di apprendimento collettivo, forum e laboratori "in cui la cittadinanza si esercita attraverso il fare. Ecco perché - ha puntualizzato - oggi ci troviamo per la prima volta insieme a riflettere su cosa significa costruire davvero uno Statodellarte. Non basta più la città: serve un nuovo modello di civiltà condivisa”.
Paolo Naldini.
Paolo Naldini al microfono.
Sessione 1 - Challenges
L'evento è entrato nel vivo con la prima sessione, intitolata Challenges, che ha visto intervenire Nazarena Lanza, coordinatrice dell’Opera Demopratica Biella, con Mario Clerico e Diana Sartori dell'Opera Demopratica Biella; Laura Salas (da remoto), curatrice e coordinatrice dell’Opera Demopratica La Habana; Giorgio de Finis, Direttore del Museo delle Periferie, Azienda Speciale Palaexpo Roma e coordinatore dell’Opera Demopratica Roma. Il confronto, sempre moderato da Cerruti But, si è articolato attraverso una serie di domande chiave: come si garantisce l’attuazione e il mantenimento di un cantiere? Come ci si sostiene economicamente? Come sostenere le spese? Come remunerare e riconoscere il proprio lavoro, dei coordinatori e dei mappati? Come mantenere e allargare la partecipazione anche durante il Cantiere? Con i Tavoli di Lavoro dei Forum Settoriali?
Nazarena Lanza ha aperto gli interventi portando l’esperienza di Biella: “La nostra opera demopratica è nata da un lavoro preesistente – ha spiegato –. Ho iniziato come soggetto mappato, con Slow Food Travel Montagne Biellesi, e poi, insieme ad Alessandro Mondino di Labsus, abbiamo ripreso in mano il progetto. Un’opera demopratica non è un’azione estemporanea, ma un processo virtuoso che si costruisce nel tempo”. Sul tema delle risorse, Lanza ha sottolineato che “è necessario avere fondi iniziali, ma è normale che non bastino. La sfida è che chi partecipa non faccia qualcosa di diverso dal proprio quotidiano, ma lo integri: siamo andati a cercare sul territorio realtà già attive, interessate a coordinarsi”. Giorgio de Finis ha raccontato invece il percorso del Forum Roma, nato dal Tavolo del Terzo Paradiso al Macro e poi rilanciato nella Casa dell’Architettura. “La prima edizione del Forum è stata un’esplosione di partecipazione, festosa e vitale – ha ricordato –. La seconda è stato un naturale sviluppo, più pratico e concreto: Abbiamo coinvolto cento persone per cinque giorni, selezionato dieci temi, e invitato organizzazioni e cittadini a costruire insieme proposte per migliorare Roma”. Sul tema economico, de Finis ha espresso una posizione netta: “L’arte non deve piegarsi alle regole dell’homo economicus. I Forum nascono da istituzioni e cittadini che si auto-organizzano, non da singoli in cerca di remunerazione. La sostenibilità è nel senso del fare comune”. Da L'Avana, Laura Salas ha portato l’esperienza del Forum Cuba e del progetto La Mina, evidenziando come il successo delle opere demopratiche dipenda dalla collaborazione costante e dal coinvolgimento attivo dei partecipanti: “Abbiamo bisogno di cooperazione, di continuità e di fiducia reciproca per rendere sostenibili i processi nel tempo”.
Il confronto si è poi spostato sul riconoscimento del lavoro dei coordinatori. Anche qui Lanza ha insistito sul concetto di sostenibilità integrata: “Chi coordina deve trovare un’utilità in ciò che già fa: il valore sta nel riconoscere che la propria attività quotidiana è parte del processo”. De Finis ha aggiunto una riflessione storica, citando la nascita del progetto Metropoliz: “È nato e sopravvissuto grazie al volontariato. Se ci fosse stato un rimborso spese, forse sarebbe stato sgomberato. La presenza costante di artisti e vocazionisti ha permesso di costruire nel tempo un museo e 150 abitazioni: questa è la forza dell’impegno condiviso”. Alla domanda su come mantenere viva la partecipazione, i relatori si sono focalizzati sull’importanza del lavoro di rete. “I Tavoli di Arcipelago – ha spiegato Lanza – sono strumenti fondamentali per alimentare continuità e confronto”. De Finis ha poi richiamato la necessità di un coordinamento più ampio: “Cittadellarte è una forza. Ma non basta fare un Forum: serve un ombrello comune che raccolga le esperienze e ne verifichi i risultati. Come dice Pistoletto, 1+1=3: l’incontro tra differenze genera qualcosa di nuovo”. A seguire sono intervenuti Diana Sartori e Mario Clerico: la prima ha spostato il focus sulla dimensione interiore e motivazionale ("La partecipazione nasce dalla motivazione, personale e collettiva. Anni fa lessi la parola ‘demopraxia’ e mi rimase dentro. Oggi capisco che dietro c’è una teoria del processo, e qui ho sentito emergere un’economia del dono”) e il secondo ha portato una testimonianza dal mondo della salute, mostrando come la cura possa essere letta in chiave politica e comunitaria (“La medicina è anche politica. Non basta mangiare bene, bisogna stare bene insieme. Una comunità in salute è la condizione per il benessere del singolo. La frammentazione, invece, ci indebolisce tutti)". La sessione si è chiusa con la sensazione condivisa che le sfide della demopraxia risiedano proprio qui: nella capacità di trasformare la partecipazione in un processo duraturo, dove economia, motivazione e responsabilità si intrecciano in una nuova idea di cittadinanza attiva.
Nazarena Lanza.
Giorgio de Finis.
Diana Sartori.
Mario Clerico.
Sessione 2 - Projects
Anche la seconda sessione, Projects, si è suddivisa attraverso diverse domande chiave: quali sono i bisogni e quanto tempo potrà o dovrà durare la propria Opera Demopratica? Qual è il rapporto tra il processo di coinvolgimento/attivazione e l’arte, le arti e la cultura? In questo confronto, sono interventi Antonella Muzi, Docente e storica dell’arte e coordinatrice dell’Opera Demopratica L’Aquila, Manuela Maffioli, Assessore a Cultura e Identità di Busto Arsizio e coordinatore dell’Opera Demopratica Busto Arsizio, Franco Pomilio e Serena Tarquini, imprenditori e coordinatori dell’Opera Demopratica Scanno, e Giuliana Setari, presidente della Fondazione Pistoletto, anche nelle vesti di coordinatrice dell'Opera Demopratica Scanno.
Antonella Muzi ha aperto la sessione partendo da una riflessione su L'Aquila e sulla necessità di una rinascita che sia prima di tutto culturale e sociale. “La nostra storia non può essere separata da quanto accaduto nel 2009 – ha ricordato –. Ma dopo tanti anni abbiamo bisogno di smettere di parlare solo di terremoto e di tornare a guardare al futuro. Attivare un’Opera Demopratica significa ricostruire un tessuto sociale bruscamente lacerato”. La sua visione è quella di una città che torna a riconoscersi come comunità, creando spazi d’incontro e partecipazione: “L’Aquila ha bisogno di luoghi fisici e simbolici in cui i cittadini possano ritrovare la propria voce”. Dalla Lombardia, Manuela Maffioli ha raccontato un bisogno diverso ma complementare: quello di ridefinire l’identità di Busto Arsizio. “La nostra è una città imprenditoriale, ma da anni stiamo cercando di diventare qualcosa di più. Questo ‘di più’ lo decliniamo nella forma dell’arte e della cultura”. Il progetto di Busto nasce infatti dal desiderio di trasformare il patrimonio produttivo in energia creativa, attraverso un percorso di forum, collaborazioni scolastiche e interventi sugli spazi pubblici. “Abbiamo ospitato opere di Pistoletto come la Venere degli stracci e il Terzo Paradiso, e realizzato quattro Rebirth Forum, coinvolgendo scuole e giovani. Il bisogno è di creare consapevolezza, di unire la città intorno ai suoi luoghi simbolo, come il Museo del Tessile”. A Scanno, il bisogno primario è stato ascoltare e rigenerare la comunità. Giuliana Setari, a questo proposito, ha spiegato: “Da fruitrice estiva di Scanno, ho sentito l’urgenza di portare nuova bellezza in un luogo già meraviglioso, ma che chiedeva partecipazione. Non volevamo un monumento imposto, ma un’opera condivisa, un Terzo Paradiso che crescesse con chi lo abita”. Serena Tarquini ha aggiunto una dimensione più personale e affettiva: “Durante la pandemia mi sono innamorata di Scanno e delle persone che lo abitano. Mi hanno raccontato i loro desideri, e da lì è nato tutto. L’empatia è la parola chiave: dall’ascolto nasce l’azione”.
Alla domanda sulla durata delle opere, le risposte hanno tracciato una visione comune: la demopraxia non ha un tempo definito, ma si sviluppa come un processo continuo. Franco Pomilio ha dato la sua chiave di lettura: “Non possiamo fissare una scadenza. Il nostro compito è mettere in rete le energie del territorio, creare coordinamento e connessioni. È così che si costruisce una progettualità duratura”. Per Muzi, invece, la memoria delle azioni passate è parte integrante di questa continuità. Ha ricordato la performance del 2014, quando gli aquilani realizzarono un Terzo Paradiso con secchi da cantiere e acqua colorata: “Un gesto semplice ma potente, una rinascita simbolica. Ancora oggi, durante le visite guidate, il Terzo Paradiso di Pistoletto è sempre citato. È entrato nel racconto collettivo della città”. L’ultima domanda – sul rapporto tra partecipazione e arti – ha aperto una riflessione condivisa sulla forza trasformativa della bellezza. “L’arte ha la capacità di accedere alla mente e al cuore dell’individuo – ha affermato Setari –. È una forma di conoscenza e di responsabilità”. Pomilio ha ampliato il discorso: “L’arte è anticipatrice delle esigenze sociali, ma non è l’unico strumento. Bisogna mettere insieme le arti, anche la demopraxia stessa è un’arte civile. Un’opera, per me, deve produrre altre opere”. Per Maffioli, il legame tra cultura e cittadinanza è la chiave di un nuovo modello urbano: “Stiamo ripensando i luoghi culturali come spazi di partecipazione. La cultura non è un lusso, ma un bene comune che genera consapevolezza”. La sessione si è conclusa con un filo rosso condiviso: la demopraxia come infrastruttura di bellezza, partecipazione e responsabilità.
Antonella Muzi.
Manuela Maffioli.
Franco Pomilio e Serena Tarquini.
Lo Statodellarte è un’innovazione politica
A seguire ha preso parola per il secondo keynote speech, Lo Statodellarte è un'innovazione politica, Luca Bergamo, Coordinatore dello Statodellarte di Cittadellarte e vicesindaco di Roma nel 2016-2021, il quale ha presentato la Costituzione dello Statodellarte, manifesto simbolico e operativo dell’impegno di Cittadellarte nel promuovere una civiltà coesa e integrata fondata sulla Demopraxia. “L'Arte è il principio ordinatore di una nuova forma di organizzazione politica in cui l'autorità è condivisa - ha spiegato Luca Bergamo -. Lo Statodellarte non si limita a valutare lo ‘stato delle cose' ma organizza le persone e le loro comunità di pratica per ridefinire il senso stesso della convivenza. La politica non più come gestione del potere, ma cura della relazione tra natura e artificio, tra l’umano e il resto, tra umano e umano nella costante ricerca della pace”. Bergamo ha inoltre sottolineato come la partecipazione alla vita culturale sia un meccanismo fondamentale di costruzione delle relazioni sociali. Non solo, ha illustrato la nascita del documento che definisce lo Statodellarte come piattaforma civica articolata in 92 articoli, redatti “con lo spirito di una costituzione”. Una struttura normativa e al tempo stesso visionaria, che rappresenta un passo avanti nell’elaborazione politica del progetto di Cittadellarte. “È un’innovazione politica profonda – ha spiegato – perché ribalta il principio tradizionale di rappresentanza. La nostra Costituzione stessa riconosce che la sola rappresentanza non può garantire il funzionamento della democrazia. Ma non è solo un problema di rappresentanti: è anche un problema di demos. Il popolo deve disporre di strumenti diretti per concorrere alle decisioni”. In questa prospettiva, la rappresentanza non viene più concepita come esercizio individuale, ma come funzione di una rete di relazioni, un sistema vivo e interconnesso che riflette la complessità sociale contemporanea.
Luca Bergamo.
Francesco Saverio Teruzzi: dalle pratiche alla partecipazione effettiva
L'ultimo intervento del mattino è stato di Francesco Saverio Teruzzi, coordinatore degli ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso. “Ero presente – ha raccontato – quando una studentessa americana mise in dubbio la democrazia a partire dal tema della privacy. Michelangelo Pistoletto ne rimase colpito e ne parlò con Paolo Naldini. Da lì, come la Sfera di giornali che rotola in base alle spinte che riceve, il pensiero ha iniziato a muoversi. E oggi, dopo quattordici anni, siamo qui”. Teruzzi ha legato quel primo impulso alle sfide contemporanee, evocando il cinquantesimo anniversario della morte di Pasolini e il suo pensiero come chiave di lettura del presente: “PPP: pratiche, processi, partecipazione. È esattamente di questo che stiamo parlando”. Sottolineando la dimensione concreta della Demopraxia, ha posto l’accento sulla necessità di trasformare il racconto in azione, e l’idea in realtà operativa. “Quando mi chiedono cos’è il Forum, rispondo che è innanzitutto un impegno. I numeri diventano fondamentali, così come la chiarezza su ciò che chiediamo e mappiamo. Dobbiamo far sì che tutto ciò che facciamo non resti una narrazione, ma diventi qualcosa di effettivo”.
Francesco Saverio Teruzzi.
Pierluigi Sacco tra arte e innovazione civica
Intelli_gens Demopratica è ripresa nel pomeriggio con il terzo keynote speech, Arte e innovazione civica, curato da Pierluigi Sacco, Professore di Biobehavioral Economics all’Università diChieti-Pescara, Coordinatore Scientifico per L’Aquila Capitale Italiana della Cultura 2026 e Presidente di Bourges European Capital of Culture 2028. Nel suo intervento, Pierluigi Sacco esplora il legame storico e innovativo tra arte e democrazia, partendo dal concetto di "arte" come sapienza artigianale, simile a quella dei sensei giapponesi. Sacco sottolinea che l’idea moderna di "artista" ha origine nell’antica Grecia, dove l’arte aveva un ruolo fondamentale nel pensare e risolvere le crisi politiche e sociali, come quelle generate dalla democrazia nascente. In questo contesto, il teatro, che permette di sperimentare mondi possibili, diventa il laboratorio ideale per esplorare soluzioni a scenari complessi e imprevisti. "La fiction è fondamentale - ha spiegato - perché ci permette di sperimentare mondi che ancora non esistono". Il ruolo degli artisti, in questo periodo, è paragonato a quello di "devianti autorizzati", capaci di raccontare storie che sfidano le convenzioni sociali e politiche, come nella tragedia greca. Sacco evidenzia come questo legame tra agenzia artistica e democrazia abbia plasmato un modello che ha influenzato la cultura occidentale, ma che, nel tempo, è stato monopolizzato dagli artisti stessi. L’intervento si è spostato poi sulla necessità di ripensare il ruolo dell’arte nella società contemporanea. Sacco ha anche analizzato il vero scopo del mecenatismo: "I mecenati sostenevano gli artisti non per valore morale, ma perché gli serviva risolvere problema pratico". Ha poi sottolineato l'esigenza di una "agenzia artistica distribuita", in cui l'arte non è più un'eccezione, ma un elemento collettivo e condiviso per affrontare le sfide sociali. La "demopraxia", ovvero l'arte come strumento di problem solving a livello sociale, rappresenta l'ambizione di rendere l'arte accessibile e comprensibile a tutti, per affrontare insieme le sfide del presente. In conclusione, Sacco invita a ripensare l’arte come uno strumento per la trasformazione sociale, non più confinato nell’ambito dell’individualità, ma come risorsa collettiva in grado di rispondere alle crisi della nostra epoca.
Pierluigi Sacco.
Sessione 3: Impacts
La terza e ultima sessione, intitolata Impacts, ha visto protagonisti i seguenti relatori: Walter El Nagar, fondatore di Refettorio e Fondazione MATER Ginevra Coordinatore dell’Opera Demopratica, Giacomo Bassmaji, architetto e Coordinatore dell’Opera Demopratica Nova Gorica/Gorizia, Michela Magrì, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Seoul e coordinatrice dell’Opera Demopratica Corea, Andrea Paoletti, per Casa Netural e ambasciatore Rebirth/Terzo Paradiso. Anche in questo tavolo di lavoro, una serie di questioni ha costituito il dialogo: "Le Opere Demopratiche sono uno strumento di trasformazione sociale e di rigenerazione territoriale. In questa sessione esploriamo i modi in cui le Opere Demopratiche hanno generato risultati e cantieri di cambiamento. Quali risultati ti eri posto come obiettivi? Quali hai raggiunto o quali sono emersi in itinere? Come estenderesti l’Opera Demopratica ad altre persone, comunità e città?".
Giacomo Bassmaji ha raccontato l’esperienza di Villa Manin, con la mostra T3rza Terra, sia dell'Opera Demopratica di Nova Gorica/Gorizia, un progetto che ha unito idealmente e simbolicamente due città divise da un confine, trovando nell’arte “il segno indelebile che ha unito le due nazioni”. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con Cittadellarte, ha coinvolto studenti e cittadini in una riflessione sul significato di confine e convivenza. Un risultato concreto, anche se indiretto, è stato, come ha sottolineato Bassmaji, l’attivazione di un servizio navetta che collega la stazione ferroviaria a Villa Manin: “Un piccolo risultato, ma significativo, nato da un’esigenza emersa nei tavoli di lavoro e poi risolta grazie al confronto con le istituzioni regionali”. Walter El Nagar ha invece illustrato il percorso dell’Opera Demopratica di Ginevra, radicata nella quotidianità del Refettorio e della Fondazione MATER, dove la Demopraxia “si declina giornalmente”. Il suo progetto mette in relazione “due popolazioni che normalmente non hanno contatti umani: chi ha e chi non ha”. Nel ristorante, dove convivono solidarietà e convivialità, “la magia avviene nei momenti di silenzio, quando persone con storie e traiettorie diverse si trovano comunque attorno allo stesso tavolo”. La Demopraxia, ha aggiunto, “è diventata per noi un’infrastruttura: prima era una lente per leggere la realtà, ora è uno strumento per agire nella realtà”. Michela Magrì ha portato la testimonianza dell’Opera Demopratica di Seul, sviluppata in un contesto delicato, in una terra di confine tra la Corea del Sud e la Corea del Nord. “Prima di portare il Terzo Paradiso in Corea ho voluto 'entrare' nel tessuto sociale, conoscere le persone, ascoltare le organizzazioni”. Grazie al coinvolgimento di un’architetta locale impegnata nel sociale, il progetto ha trovato una dimensione concreta di collaborazione e fiducia, superando anche le difficoltà logistiche e burocratiche di un contesto complesso. Il forum coreano ha poi dato vita a cinque tavoli di lavoro, centrati su temi di forte rilevanza sociale, tra cui il contrasto al suicidio — piaga diffusa nel Paese — e la responsabilità civica dei cittadini. “Vivere nei territori significa essere responsabili”, ha sottolineato Magrì. “Il volontariato e la collaborazione con le istituzioni locali sono fondamentali per radicare davvero un’Opera Demopratica”. Infine, Andrea Paoletti ha annunciato la partenza dell’Opera Demopratica di Gorizia, che avrà nove tavoli tematici e uno dedicato esclusivamente agli studenti: “Abbiamo chiesto alle nuove generazioni di partecipare anche agli altri tavoli e di tradurre ciò che ascoltano in idee e concept per il primo Terzo Paradiso transfrontaliero tra Italia e Slovenia”, ha spiegato. In tutte le testimonianze, la demopraxia è emersa come pratica di connessione, capace di tradurre l’arte in processo civico, di creare ponti tra culture e condizioni sociali, e di lasciare segni concreti, anche piccoli, ma duraturi, nel tessuto delle comunità coinvolte.
Giacomo Bassmaji.
Walter el Nagar.
Margherita Magrì.
La sfida dell’amministrazione condivisa
Mariella Stella, vicepresidente di Netural Coop e coordinatrice dell'Opera Demopratica Nova Gorica/Gorizia, ha curato l'ultimo keynote speech della giornata, intitolato La sfida dell’amministrazione condivisa. Stella ha scelto di aprire il suo discorso attraverso due date simboliche: 1 novembre 2003 e 1 novembre 2023. “Due date, un segno”, ha ricordato. “Il 1° novembre 2003 firmavo il mio primo contratto nella pubblica amministrazione; il 1° novembre 2023 chiudevo quel ciclo, dopo vent’anni”. Un arco di tempo che per lei non rappresenta solo una carriera, ma un percorso di guarigione. “All’inizio ero entusiasta, poi mi sono sentita tradita”, ha confidato alla platea, riconoscendo come l’esperienza diretta all’interno dell’apparato pubblico le abbia fatto percepire la distanza crescente tra istituzioni e cittadini. Da quella disillusione è nata la ricerca di un nuovo modo di intendere la governance e il rapporto tra comunità e istituzioni. Dopo aver intrapreso un dottorato in New Public Administration, Stella ha fondato nel 2012 Casa Netural a Matera, una realtà che pratica quotidianamente l’innovazione civica, la collaborazione e la co-progettazione. Attraverso quel laboratorio di esperienze, ha potuto “praticare” la demopraxia, traducendo in azione l’idea di un’amministrazione capace di costruire insieme ai cittadini, e non più sopra di essi. “Ho capito che la nostra società ha bisogno di un nuovo umanesimo, che rimetta al centro l’essere umano nel percorso demopratico”, ha dichiarato. Una visione che si lega profondamente alla filosofia dello Statodellarte, dove arte, cittadinanza e governance si intrecciano come strumenti di rigenerazione collettiva. “La vera sfida dell’amministrazione condivisa - ha concluso - è tornare a prendersi cura del bene comune, dei servizi e dei territori, in una logica di corresponsabilità: non per i cittadini, ma con i cittadini”. Il suo intervento ha rappresentato una chiusura d'ispirazione, un invito a ripensare la pubblica amministrazione come spazio relazionale e pratico dove la demopraxia trova la sua dimensione più concreta: quella dell’azione quotidiana, condivisa e generativa.
Mariella Stella.
La conclusione con sintesi del moderatore
Michele Cerruti But, dopo aver tessuto e districato la rete dei contenuti della giornata, ha ripercorso quanto emerso. Una sintesi live, utile per tirare le fila e volgere lo sguardo al futuro. "Abbiamo cercato di esplorare e metterci in discussione rispetto alla pratica delle opere demopratiche e della demopraxia in generale". Per riassumere la giornata e "unire" gli interventi, ha preso in esame alcuni punti chiave. Che cos'è l'arte: "L’arte funziona come simbolo nell’opera demopratica, è un qualcosa in cui ci si può riconoscere. L’arte è anche dispendio, non sta dentro le logiche. L’arte disvela e rende le persone capaci di pensare. L’arte sostiene il pensiero critico". Il secondo punto toccato è stato l'approccio critico: "Quasi tutti, parlando dell’approccio hanno usato le parole come 'ambizioni', 'coraggio', ripercorrendo la propria storia personale. C’è un approccio che parte da un’ingaggio personale rispetto al desiderio di cambiare, immaginando un futuro più armonico e pensando a una possibilità di cambiamento". Insomma, non è l’arte per l’arte, c’è sempre un’intenzione di lavorare attraverso l’arte per trasformare: "Lavorare sull’ingaggio significa aver a che fare col vissuto delle persone". La sua restituzione si è conclusa con un focus sulla demopraxia.
Che cos'è? "È una forma di empowerment della sovranità relazionale, del popolo. È una sovranità che cambia il senso di cosa sia il demos. La demopraxia è la consapevolezza di questa possibilità di governo. L’ingaggio funziona se siamo in grado di sollecitare la consapevolezza. La demopraxia è inoltre un’infrastruttura... e la produce".
E cosa fa? "Interconnette e raccorda, mette insieme le organizzazioni, permette alle cose di funzionare e distribuisce il funzionale creativo. Cambia persino i paradigmi: in questa idea sta la concretizzazione dell’utopia quotidiana e lo fa supportando supportando la democrazia, non sostituendosi a essa".
Come lo fa? "Lavorando dentro - ha concluso - la dimensione di continuità. La sfida di questa Biennale, infatti, non è portare buone pratiche ma esperimenti in atto, tentativi di ricerca di risposte. Lo fa attraverso l'ascolto, che è una dimensione di creazione, e con la costanza. Non si tratta di una proposta, ma di un’osservazione fenomenologica, che ha bisogno di essere resa visibile e potenziata". La giornata si è conclusa con le domande dal pubblico e i saluti e i ringraziamenti del direttore di Cittadellarte. Paolo Naldini non è nascosto l'emozione: lui, "padre" della demopraxia e del suo metodo, ha visto il suo figlio creativo diventare un riferimento di innovazione sociale, sostenibilità e cambiamento responsabile nel mondo intero. Sono passati quasi 15 anni, ma è solo un (nuovo) inizio.
Francesca Carbone e Michele Cerruti But.
Paolo Naldini e Michele Cerruti But.